Mi presento: sono un essere raro.
Sono una componente di quel gruppo di più o meno giovani che, in barba alle tendenze globali ma ancor di più nazionali, ha scelto di restare. Le motivazioni sono molte, personali e non – e non potrei biasimare chi pensa che sia stata una mancanza di coraggio. Ci vuole coraggio, indubbiamente, a partire per un altro Paese e lasciarsi dietro la famiglia, gli affetti, le abitudini e i luoghi di una vita.
Ma quello che spesso non si dice é che ci vuole coraggio anche a restare. Perché restare non é un atto passivo – non é l’inerzia inesorabile di chi non sa o non può muoversi. “Restare” non significa ritirarsi in un angolo, ad osservare l’inesorabile decadimento circostante, piangendo per quello che é stato e non sembra voler tornare.
“Restare” é una parola in vicinissima relazione con “costruire”. Restare é l’atto di piantare radici ben salde che possono, anzi devono, dare frutti. Restare é anche un atto di devozione, é annaffiare ogni giorno quelle stesse radici, nutrire il suolo che abbiamo scelto di abitare.
E per farlo, appunto, non si può restare passivi.
Ho scelto di far parte del gruppo di CivitaMente perché credo che la cittadinanza attiva sia l’unico modo etico di vivere il paese in cui si sceglie di restare – perché in un’epoca in cui la vita sociale é sempre più caratterizzata da un’apatia generalizzata in cui il brutto, l’ingiusto e lo scorretto vengono accettati semplicemente perché “il mondo va così”, la partecipazione attiva é di per sé un atto radicale, primo tassello di una ideale rivoluzione gentile.
E credo che ci sia fortemente bisogno di una rivoluzione gentile, su scala mondiale così come nel piccolo.
Raiano é un paese che amo profondamente, ma non é facile amarlo: negli ultimi tempi, l’apatia di cui sopra e le scelte amministrative poco lungimiranti, hanno reso il nostro paese un luogo desolato, spento, lontano dal suo vero potenziale.
I motivi per cui si va via sono tanti, e di- versi – si cerca un lavoro, si cerca una destinazione, ma spesso si cerca anche una comunità, un punto di riferimento sociale e soprattutto culturale. Comunità, infatti, non é solo un insieme di edifici – non é costruire contenitori e chiamarli ‘scuole’ e ‘centri culturali’ che crea cultura. Occorre ricostruire un tessuto in cui ogni cittadino sia valorizzato e abbia gli strumenti per esplorare non solo le proprie potenzialità ma la sua individualità, la creatività, la libertà di essere e fare, e di costruire la propria felicità. Tutto ciò non può accadere in un paese in cui pian piano si sfaldano strade e legami, in cui la bellezza é sommersa da immondizia col beneplacito di chi non sa custodirla. Spesso mi é capitato di dover giustificare lo stato del nostro comune con amici che venivano a trovarmi da altri posti del mondo – a dover spiegare che una volta il Viale dei Pini era il luogo dei nostri giochi e non finiva dopo solo pochi metri. A raccontare la magia di un centro storico che era vivo e d’estate si popolava di musica, fuochi e balli, e non di eco spente che lo rendono quasi spettrale.
Ho scelto di mantenere a Raiano la mia casa – ma negli ultimi tempi é una casa tri- ste, che ha bisogno di una ristrutturazione dell’anima ancor prima che fisica. E questo può comincia- re solo nella partecipazione, nello scambio delle idee, nella costruzione solidale e accorta di un futuro condiviso.
Per questo credo che l’iniziativa di CivitaMente rappresenti un’occasione unica per rimboccarci le maniche e fare davvero qualcosa che lasci il segno, e non abbandoni questo paese allo spopolamento.
Voglio un paese da cui non si debba solo scappare – sogno un paese in cui si possa anche ritornare.
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